Giudice, Steward e conduttore. Ah già, anche il cane!
Articolo semiserio, ma molto realistico, del mondo delle gare di obedience.
Per chi di voi non ha mai visto come funziona una gara di Obedience, faccio un riassunto di quella che è la situazione nell’organizzazione, gestione e partecipazione ad uno di questi eventi
Allora, prima di tutto vi presento i personaggi coinvolti.
Il giudice. Il giudice è quel personaggio che in una gara assume il ruolo di padrone di casa, inquisitore, comandante, capitano, bravo padre di famiglia, rappresentante supremo dello scibile e non sulla disciplina, le cui decisioni sono inappellabili, incontestabili, colui che elargisce consigli e emana sentenze. Insomma il più temuto e venerato, idealizzato e stigmatizzato, un semidio destinato al martirio mediatico.
Infatti in una gara di obedience lui è investito del ruolo di unico responsabile di tutta la manifestazione e lui avrà l’arduo compito di dare i punteggi, ovvero può far salire il conduttore nell’Olimpo o farlo cadere in depressione, con quel suo blocchetto pieno di numeri, che ruota tra le mani ogni volta che finisce un esercizio e che lascia in suspence tutti gli spettatori per infiniti secondi, finche solleva il verdetto al cielo e decreta il risultato finale.
In campo insieme a lui potete vedere un altro strano personaggio che si agita, va avanti indietro, guarda i fogli che ha in mano mentre conta passi, disegna con le bombolette spray, sposta aggeggi di qua e di la, porta in giro i conduttori, guarda l’orologio, apparecchia la tavola, viaggia con il cronometro nel taschino come il coniglio bianco di Alice nel paese delle meraviglie, fa estrazioni come alla tombola di paese a Natale. Se non conoscete l’obedience, vi sembrerà un incrocio tra un maggiordomo e un meccanico della Ferrari al Pit Stop.
Ecco lui è lo Steward, la guida e il pianificatore della gara stessa, per il conduttore lo steward durante la gara è come Virgilio per Dante all’inferno, senza di lui sarebbe perso, apparirebbe la scritta all’ingresso “lasciate ogni speranza o voi che entrate” e sarebbe il caos. Perché in obedience lui dirà tutto, tutto quello che dovrai fare, dove ti dovrai mettere, quando parlare, entrare, uscire, respirare, e non ridete: ho visto più volte steward fare gli psicoterapeuti che concorrenti che sapevano quello che stavano facendo…In effetti “respira” è una delle prime parole che imparano gli steward appena iniziano la carriera.
In realtà in campo potete vedere altri personaggi, schisci, silenziosi, che vanno e vengono, appaiono e scompaiono in momenti precisi, sincronizzati come orologi svizzeri, a pensarci bene ricordano quei fantasmi che appaiono solo allo scoccare della mezzanotte. Questi sono gli aiutanti, persone arruolate con implorazioni, finte promesse o spesso contro la loro volontà, a lavorare tutto il giorno in qualunque condizione meteo, a cui vengono affidati ruoli ben precisi, coordinati con maestria dallo steward che da compiti e tempi a tutti come un direttore di orchestra. Più aiutanti ci sono più lo steward è contento, l’organizzazione è contenta, i concorrenti sono contenti, il pubblico è contento. Gli unici a cui non passa sono loro, che, nelle infinite pause tra un compito e l’altro, rischiano la pennica, devono mettere in conto la spesa giornaliera di x euro al bar per la quantità di caffè per rimanere svegli e pronti e sicuramente gli capita la corsa in bagno proprio nel momento in cui c’è la coda e quando tocca a loro li chiamano per svolgere quell’unico compito tanto importante che gli è stato affidato in tutta la giornata.
E poi c’è la spalla destra del giudice, la persona indispensabile in campo, non per la gara, ma sicuramente per il giudice stesso. Perché il giudice ha già i suoi problemi a cercare il numero giusto in quel blocchetto di punteggi da esporre, cercare di capire, quando si presenta il concorrente, che nome ha e che classe vuole fare tra un farfuglio e un blocco della respirazione che non permette all’aria di uscire dalla bocca, deve cercare di coordinare le idee quando vede l’esercizio e deve dare la sentenza, deve anche ricordarsi a fine gara cos’ha visto e commentare. Allora, in tutto questo, interviene la magica figura dello scribacchino, la segretaria che tutti vorrebbero, colei che tiene le fila del discorso, anche se a volte lo deve acchiappare inseguendo il giudice che vaga in campo, e che, mentre sta cecando di scrivere alla velocità della luce tutte le cose che il giudice ha detto in 30 secondi di esercizio, lui le fa una trattazione sul suo sogno di condotta e riporto, mentre lo steward sta già dando il via all’esercizio successivo.
Ora siamo al completo: abbiamo il giudice, lo steward e gli aiutanti pronti a partire. Poi arriva lui, il concorrente. Quando il conduttore di obedience va in gara subisce una strana trasformazione: dalla persona metodica, sicura e concentrata che è in allenamento diventa improvvisamente Shaggy Rogers in Scooby-Doo. Conscio di non potersi tirare indietro, entra al suo turno e va verso il giudice come andasse ad affrontare un interrogazione alla lavagna, cercando di spiegargli chi è e cosa ci fa lì. Solo al momento di andare a fare gli esercizi si ricordano tutti che c’è anche il cane.
Ah già il cane! In tutto questo marasma di organizzazione ci siamo dimenticati tutti del cane…Perché in gara in realtà ci va proprio il quadrupede insieme al suo conduttore, solo che quando tutto inizia capita che il conduttore si senta come se avessero acceso un occhio di bue sopra la sua testa, si sente osservato come Frodo dall’occhio di Sauron. Sale la tensione, lo steward gli parla, ma lui a malapena gli rivolge la parola, deve gestire il cane e il semidio che lo controlla. Così questa è la prima regola che lo steward impara e conosce molto bene: per quanto tu sarai bravo e professionale, in campo non ti si filerà nessuno…Nemmeno alla fine, nemmeno ai saluti. Ci saranno mille salamelecchi al giudice, l’inchino davanti al pubblico, sviolinata al cane, ma di un cenno a lui nemmeno l’ombra. Altro che anni di arti marziali, yoga, meditazione. Lo steward diventa, in una gara sola, maestro di autostima, profondo conoscitore dell’animo umano, psicologo e attore senza arte ne parte.
Insomma dicono tutti che una gara è un’occasione di crescita, un’esperienza di vita, un modo per confrontarsi per noi stessi. E per chi ci lavora l’occasione di dare un contributo a quella che è la nostra disciplina. Beh, ripensando a tutto quello che abbiamo riassunto qui sopra, direi che mai altre affermazioni furono più azzeccate…